Intervista a Silvana De Roit: crescita personale e adolescenza

Intervista a Silvana De Roit: crescita personale e adolescenza
In questa intervista esclusiva con Silvana De Roit, autrice del toccante romanzo Ho Contato Fino a Cento (edizione Convalle), scopriamo il viaggio emozionante di Robinia, una giovane alle prese con le sfide dell’adolescenza e il delicato percorso di crescita personale. Attraverso i suoi ricordi, la solitudine e le nuove scoperte, Robinia ci guida in una storia di forza interiore e resilienza. Un racconto profondo e universale, che risuona con tutti coloro che hanno affrontato momenti di perdita e cambiamento, trovando nel cuore il coraggio di andare avanti.
Qualcosa di piu’ di Silvana De Roit
Negli ultimi anni, Silvana De Roit ha ampliato i suoi orizzonti, dedicandosi con passione alla ricerca storica, alla lettura e alla scrittura. All’interno di Edizioni Convalle, ha iniziato come autrice e collaboratrice, portando avanti la sua esperienza nella valutazione dei testi e nel ruolo di editor. Recentemente, ha assunto la cura di una Collana editoriale dedicata a saggi, romanzi storici e narrativa non di genere, con particolare attenzione alle saghe familiari e alle opere che si ispirano al romanzo dorico, dimostrando così un grande impegno nel valorizzare la memoria storica e le sue connessioni con il presente.
Nel tuo libro, Robinia è una tredicenne che attraversa una fase di transizione molto difficile. Quali sono stati i temi principali che hai voluto esplorare attraverso il suo personaggio e le sue esperienze?
Robinia è una tredicenne che a causa di eventi più grandi di lei, certamente non voluti, ha la consapevolezza di essere di fronte a un grande cambiamento, a una sua evoluzione che può essere facilitata dal ripristino di relazioni famigliari perse o credute tali.
Questa, almeno, è stata la partenza nella stesura del romanzo. La continuazione è venuta da sé, senza pensare alle tematiche che ne sarebbero conseguite, in quanto quando scrivo non ho schemini già preparati, solo una gran voglia di raccontare. Una volta terminata, la storia di Robinia si è rivelata come una storia di legami, uno spaccato di vita relativo agli anni Sessanta in una comunità rurale come quella ossolana.
L’angelo che appare a Robinia è una figura molto originale. Cosa rappresenta per te questo angelo e quale è il suo ruolo nel processo di crescita di Robinia?
L’angelo Paul è il personaggio che rappresenta la coscienza di Robinia, quello che la spinge a denudarsi, a guardare senza malinconia alla gioiosa magia dell’infanzia per affrontare con più armi la nuova età. È un angelo imperfetto, quasi a dirci che il Bene, pur nella sua imperfezione, ci avvicina al divino, alla trascendenza.
Ricordi, solitudine
Robinia deve attingere a cento ricordi per affrontare la nuova età. Qual è il significato simbolico di questi ricordi nel contesto della crescita personale?
I ricordi, a ogni età, sono una testimonianza vivida di come era il nostro mondo e di come si è trasformato, di come siamo cambiati noi. Ho un po’ giocato con il numero cento, poiché mio padre in famiglia era chiamato Cento e gran parte dei ricordi sono rivolti a lui.
Il rapporto tra Robinia e sua madre è complesso e ‘tutto da ricostruire’. Come questo legame familiare influenza la crescita personale di Robinia?
Il difficile rapporto con la madre è dovuto all’assenza, anche fisica, in molte fasi della crescita di Robinia della donna. In virtù del continuo rincorrersi tra le due, l’ansia del mancarsi e del sentirsi comunque complementari ha come unico sbocco il tentativo di colmare quel vuoto in nome di un amore viscerale che non sarà mai messo in discussione. Anche nel testo, a riprova di una valenza quasi di archetipo, Robinia chiamerà tutti i parenti con il loro proprio nome, ma si rivolgerà alla madre chiamandola semplicemente mamma.
Le strane allucinazioni che Robinia sperimenta sono un elemento affascinante del libro. Cosa rappresentano simbolicamente e come contribuiscono al suo percorso di crescita?
Oltre a Paul, l’angelo della Vita che celebra la vita in tutti i suoi sensi, Robinia dice di avere delle allucinazioni. Se la canta e se la suona, diremmo noi. In effetti queste allucinazioni rappresentano delle strategie per darsi delle risposte sul senso della sua storia, per renderle più vere, autorevoli anche di fronte a sé stessa.
Robinia rischia di essere imprigionata dalla solitudine. Come descriverebbe il ruolo della solitudine nel processo di crescita e sviluppo personale?
Robinia, pur essendo una bambina e poi una ragazzina curiosa, aperta ai movimenti del mondo, fa della solitudine uno strumento di crescita e riflessione, qualcosa che invece di sminuirla la fortifica, dando il giusto valore all’amicizia. E limare la sua predisposizione alla diffidenza sarà una grande conquista.
Amore e crescita
Lasciare l’infanzia per entrare nell’adolescenza è descritto come una fatica immane. Come vede questo periodo di transizione nella vita di un individuo?
Penso che ogni cambiamento, ogni fatto di pertinenza del vivere sia un lavoro, uno sforzo a volte anche fisico. Anche venire al mondo è una fatica, no? E se si perdono dei punti di riferimento è ancora più difficile. L’infanzia rappresenta un mondo quasi mitologico, tuttavia sicuro rispetto l’incognita dell’adolescenza con le sue zone d’ombra necessarie per l’autoaffermazione, lo sviluppo di uno spirito critico.
Poi, ogni vita è a sé. Ad esempio, io penso di essere in qualche modo stata più matura nell’infanzia che non da giovane adulta; ma a parte questo, il confine tra le varie tappe della vita è labile, conserviamo in noi molto di quello che c’era prima, solo più complesso e mascherato.
Nel libro, Robinia va ‘alla ricerca di radici che altrimenti inaridirebbero’. Come crede che il riconoscimento delle proprie radici influenzi il futuro di una persona?
Per tanto tempo ho evitato di parlare delle mie radici. Mi sono inventata, un po’ come fa Robinia, un eterno presente in cui le radici si possono scordare, illudendomi di essere bastevole a me stessa, di essere stata in grado di “fondarmi” da sola. Invece, in modo molto naturale, con l’età ho sentito l’esigenza di non avere radici aeree, scollegate da tutto. Ho voluto, nel bene e nel male, riprendere possesso di quelle radici, fare pace con il passato.
Conclusione
In Ho Contato Fino a Cento, Silvana De Roit ci guida attraverso il viaggio di Robinia, una giovane che impara ad affrontare le sfide della vita, a trovare forza nei ricordi e a crescere nonostante la solitudine e il dolore. Questa storia ci ricorda quanto sia importante non solo guardare indietro per comprendere il nostro passato, ma anche saper guardare avanti con coraggio e consapevolezza.
Riflessione sul metodo coaching:
Il percorso di Robinia richiama molti dei principi fondamentali del coaching. Proprio come Robinia deve affrontare le sue sfide interiori e scoprire il suo potenziale, così il coaching ci insegna a prendere consapevolezza dei nostri blocchi, delle paure che ci trattengono, e a trasformarle in opportunità di crescita. Ogni passo che facciamo nel percorso di consapevolezza personale ci permette di radicare le nostre azioni in valori autentici, costruendo così un futuro più sereno e appagante.